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Le attività agli inizi del ‘900

Il testo è liberamente tratto dal volume del 1987 “La Misericordia di Anghiari – Una lunga vita per gli altri” di Loris Babbini e Alberto Benedetti.

I servizi principali (trasporto dei defunti e degli ammalati) sono integrati da altri rivolti ad alleviare le sofferenze e la miseria dei più bisognosi.

Nella Pasqua del 1891 la Confraternita “attesa la grande miseria che si riscontra in paese, inizia una distribuzione di pane da farsi a chi si trova in stato di bisogno”.

Il 30 ottobre 1904 l’assemblea degli iscritti decide di acquistare due bagnarole, una delle quali viene destinata a Filomena Sassi, detta la “Fata”, ammalata cronica.

Proprio per gli ammalati poveri viene disposta una questua “…settimanale da effettuarsi a discrezione dei confratelli eletti all’ufficio d’infermiere ai sensi dello Statuto”.

Sono pertanto richiamati i “capi-guardia” al ripristino della suddetta questua per coloro che nelle loro disgrazie venivano soccorsi dalla Confraternita e con avvertenza ai capi-guardia stessi, che l’intero ricavato dovesse devolversi ad esclusivo vantaggio degli interessati da soccorrere

Se si tratta di ricoverati in ospedale, l’ammontare questuato deve essere rimesso al Rettore dell’Ospedale, con carico a quest’ultimo di consegnano al beneficiato al momento della sua dimissione.

Nel 1911 la Confraternita prende l’iniziativa di istituire un servizio di cure balneari:

Scorrendo le varie documentazioni d’archivio su questa assistenza negli anni che seguono, ci si può ben render conto quanto essa sia sentita dal paese.

Ai prescelti per tali cure viene corrisposto un sussidio, tenendo conto delle spese di viaggio, dell’assistenza di cui gli stessi possono avere il bisogno nella cura e della durata. In genere è stabilito che gli adolescenti siano consegnati alla Congregazione di Carità di Sansepolcro per essere avviati, insieme alla squadra di quel luogo, agli Ospizi Marini della spiaggia adriatica. Per gli altri assistiti viene assegnato un sussidio all’opera pia Ospizi Marini di Firenze, a titolo di rimborso spese anticipate per il loro avvio alla spiaggia di Viareggio, a mano a mano che abbiano dimostrato al Governatore di avere ultimato la cura stessa.

Già impegnatasi nell’istituzione dell’ospedale, la Misericordia è presente nella promozione di altre iniziative e nella gestione di altre istituzioni, che segnano un notevole progresso sociale della Comunità di Anghiari.

Il 22 settembre 1898, il Governatore Giuseppe Testi riceve una comunicazione del Sindaco del Comune che annuncia il contratto stipulato fra il Comune stesso e la Signora EVANGELISTA MARTINI, con il quale essa, con generoso e lodevole intento, dona il cospicuo capitale (tale indubbiamente lo era in quel tempo – N.d.A.) di L. 150.000, per la fondazione del RICOVERO DI MENDICITÀ per gli inabili al lavoro e per i cronici.

Nella sua stessa lettera il Sindaco pone in rilievo che “nel venturo anno si vorrebbe avviato questo nuovo istituto” e pertanto si appella anche alla “Confraternita, se volesse concorrere al mantenimento dei ricoverati con un suo annuo assegno, ponendo in previsione che la spesa per ogni ricoverato si farebbe ascendere da circa L. 300 a L. 400 per ogni esercizio”.

La Misericordia, anche in queste circostanze, accoglie l’invito, teso alla realizzazione dell’iniziativa in un così sensibile settore assistenziale. Con unanime deliberazione del Magistrato del 2 ottobre 1898, stanzia nel bilancio della Confraternita dell’anno successivo L. 600 a favore della nuova Istituzione, con la raccomandazione che vi siano accolti DUE RICOVERATI per conto della Confraternita stessa sempre da preferirsi fra i confratelli e le consorelle quando ve ne siano.

Nei libri contabili degli anni seguenti sono annotate le cifre messe a disposizione del Ricovero, insieme a quelle devolute per la gestione dell’Asilo Infantile locale, fondato dal cav. Federigo Testi (poi eretto ad Ente Morale), che assegna all’Opera Pia un sussidio fisso annuale. In onore del cav. Testi viene eretto un monumento marmoreo nella Chiesa della Croce; la Misericordia, con deliberazione del Magistrato del 27 maggio 1875, partecipa alle spese.

L’attenzione verso le condizioni dei più bisognosi vede la Confraternita intervenire in vari momenti.

Nell’ottobre 1895 alcuni cittadini “chiesero l’appoggio morale ed il concorso finanziario per potere istituire in Anghiari una cucina economica nella imminente stagione invernale”. Il Magistrato, plaudendo all’iniziativa, delibera di sussidiare l’organizzazione destinandovi i fondi che normalmente venivano erogati nelle distribuzioni di pane che si effettuavano a Natale e Pasqua, chiedendo però che nel Comitato operativo possa figurare anche un rappresentante della Confraternita. Viene quindi disposto a favore dell’iniziativa un contributo annuo di L. 100 e l’acquisto di minestre per L. 60, rimettendosi per la loro distribuzione alla decisione dello stesso rappresentante della Confraternita, nominato nella persona del Correttore rev. Proposto Don Giuseppe Conti, possibilmente indirizzandosi verso i più bisognosi che siano inscritti alla Fratellanza od in mancanza verso gl’infermi.

Nel 1905 viene erogato un sussidio di L. 200 ai danneggiati dal terremoto in Calabria e Sicilia. Nel 1911 vengono offerte L. 50 al Comitato per i sussidi alle famiglie dei morti e dei feriti nella guerra di Libia. Nell’imminenza della i a guerra mondiale, d’intesa con l’autorità comunale e con i presidenti delle associazioni ed enti morali del paese, i confratelli della Misericordia raccolgono fondi nelle campagne a favore del Comitato locale di Preparazione Civile, da devolvere alle famiglie dei richiamati alle armi.

Nel corso degli anni, più volte la Misericordia si presta per ottenere dagli uffici competenti la concessione, a suo nome, della tradizionale tombola e delle fiere di beneficenza inserendo le manifestazioni stesse nei programmi delle feste titolari di maggio e devolvendo poi gli introiti ad altre istituzioni che ad essa si sono rivolte a questo scopo.

Si può ricordare, tanto per citare un esempio, l’effettuazione di una fiera di beneficenza che ha luogo nei giorni 3, 4 e 5 maggio 1889 a beneficio della Società Filarmonica locale, onde agevolarle l’acquisto di nuove uniformi per i musicanti bandisti anghiaresi.

Nel 1914, nonostante i non facili rapporti, aderendo alla richiesta pervenuta dalla Congregazione di Carità, volta ad ottenere la concessione di un sussidio in natura per il mantenimento di malati cronici del Comune, da ricoverarsi a cura della stessa Congregazione nell’Ospedale locale, la Confraternita con decisione Magistrale dell’11 giugno, “nella considerazione che fino ad ora si sono provvisti i malati cronici del paese di biancheria ed altri oggetti, dispone di corredare la Congregazione di carità per il mantenimento di cronici del seguente materiale: 2 lenzuoli di tela – 6 paia di federe e 6 guanciali – 6 asciugamani – 2 sottocoperte – padelletta – sputacchiera, nonché altri piccoli oggetti”.

Viene così raggiunto anche il fine statutario della Confraternita, teso ad integrare con più efficienza la beneficenza ospedaliera.

Ormai la Misericordia, nel campo locale dell’assistenza e della beneficenza, rappresenta una provvidenziale risorsa, sempre disponibile là dove più si avverta la necessità di un intervento che possa in qualche modo lenire casi di sofferenza e di miseria, purtroppo frequenti, talvolta maggiormente aggravati da complicazioni di ordine ambientale.

Ente Morale e quindi associazione legalmente riconosciuta e sottoposta nel suo apparato all’iter regolamentare di Stato, considerata di fatto, sempre nei limiti delle sue possibilità, una seria ed affidabile collaboratrice della dirigenza comunicativa locale, alla pari dell’altra consorella, non meno benemerita, più antica, in piena vitalità, la FRATERNITA DI S. MARIA DEL BORGHETTO, con la quale opera soprattutto a favore degli infermi e dei vecchi rimasti soli e non di rado abbandonati nella più nera indigenza.

Ma non sempre è stata agevole la sua esistenza. Nell’anno 1890 – e questa è una prima volta – corre grave pericolo di immediato scioglimento, senza che neppure sia tenuto in debito conto la sua antica fondazione e la sua vitalità di mutua assistenza verso le classi cittadine disagiate, trascurando quanto l’Istituzione sia ormai benevolmente compenetrata nella pubblica opinione anghiarese.

Tutto questo avviene per effetto della nuova legge 17 luglio 1890, n° 6972, sulle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza, per cui anche in Anghiari, come in ogni altro Comune del Regno ove non sia ancora avvenuto, si deve istituire la “CONGREGAZIONE DI CARITÀ”, organo legale dell’assistenza e beneficenza pubblica e tutrice legale degli interessi dei poveri….

Con tale creazione viene a determinarsi una vera e propria ingerenza dello Stato sulle Opere Pie, ingerenza che, trasferita a dimensioni Comunali, chiaramente significa una vera e propria “comunalizzazione” nei confronti particolarmente di quelle Istituzioni interessate a cospicue rendite e a beni patrimoniali di fondazione.

Con l’attuazione della nuova legge, oltre che regolare il funzionamento degli enti e talora limitarne l’attività d’indiscutibile autonomia, si può anche andare oltre, fino addirittura a modificarne gli ordinamenti, mutarne gli scopi, trasformando l’essenza stessa delle Pie Istituzioni. Gli effetti di siffatta ingerenza si concretizzano in riforme, fra le quali può verificarsi nei confronti dell’opera pia il CONCENTRAMENTO, cioè la sua sostituzione con la Congregazione di Carità, o il RAGGRUPPAMENTO, ovvero la riunione in maniera permanente degli organi di rappresentanza e amministrazione di più opere pie. Tanto pericolo minaccia la Misericordia e le altre opere pie di Anghiari, pericolo pubblicamente, chiaramente originato dalla iniziativa in tale senso della neo-istituita Congregazione di Carità, il nuovo ente, con scopi affini… di evidente espressione comunitativa, il cui Consiglio Direttivo è esso stesso di nomina comunale! Immediata, risentita ed anche spinta è la reazione della Misericordia contro questa azione avversa all’ormai consuetudinaria autonomia delle Misericordie e delle altre Istituzioni similari.

Ma i fondati timori del Magistrato, come di tutti gli stessi associati per l’incombente “concentramento” della Misericordia, finalmente scompaiono nel momento in cui l’Opera Pia è dalle superiori autorità ritenuta “non concentrabile” nella Congregazione di Carità, né “raggruppabile” con altri Istituti, conforme a quanto disponeva la legge 17 luglio 1890.

Sfortunatamente non è così per la Fraternita di Santa Maria del Borghetto e per le altre Opere Pie anghiaresi: BARBOLANI – FONTANA – LIGI – RAVAGNI, che con la legge anzidetta perdono ogni loro autonomia, scomparendo “concentrate” nella Congregazione di Carità. Più tardi, negli anni venti, scomparsa la Congregazione di Carità, non cambia la loro sorte. Finiranno sotto l’Ente Comunale di Assistenza, la nuova istituzione di regime, il cui Consiglio Direttivo ne amministra e ne dispone le rendite e il patrimonio ancora notevolmente consistente.

Si rende tuttavia necessaria, nella base della citata legge sulle Istituzioni di Pubblica Beneficenza, la riforma dello Statuto, in vigore dall’anno 1863.

Nell’anno 1891 è nominata una Commissione con incarico di studiare quanto deve essere oggetto di riforma ed elaborare il nuovo progetto di Statuto. Fanno parte della Commissione il Governatore, il Correttore, il Cancelliere Segretario ed i confratelli Testi Giovan Battista e dott. Tito Bartolomei. Lo schema del nuovo statuto, dopo un lungo ed accurato studio da parte della stessa Commissione, con le variazioni apportate in base al testo della suddetta nuova legge, viene presentato all’assemblea degli iscritti, convocata il 29 marzo 1903, e da questa unanimemente approvato.

Dopo un “tormentato” e complesso iter intercorso con il Consiglio di Stato, che, tramite la Prefettura di Arezzo, propone ulteriori modifiche al testo già sanzionato dall’assemblea, quasi tutte tese verso una eccessiva laicizzazione della Misericordia, modifiche poi accettate nella prospettiva di recare il minore danno possibile all’antico spirito istituzionale dell’Opera Pia, il nuovo statuto è approvato con Decreto Reale del 21 ottobre 1903 e resta in vigore fino al 22 ottobre 1985.

Ma nel novembre dell’anno 1909 ancora una volta l’orizzonte della Misericordia minacciosamente si oscura con la ricomparsa del già paventato progetto di un suo “concentramento” nella Congregazione di Carità, come a dire la definitiva fine della sua lunga e meritoria esistenza.

Si tratta di un nuovo tentativo, partito da questo ultimo Ente, sempre ispirato alle norme di applicazione della legge sulle Istituzioni di Pubblica Beneficenza, che 18 anni prima (1891), con il noto ricorso al Consiglio di Stato, a malapena era stato evitato.

Con lettera ufficiale del 6 novembre di detto anno, la Congregazione di Carità fa richiesta alla Misericordia, che le siano rilasciati in copia, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 5 febbraio 1899, n° 99, tutti i documenti che si rendono necessari per proporre il “concentramento” della Confraternita in questo stesso Ente.

Nell’adunanza generale, appositamente convocata il 17 aprile 1910, il Governatore, nell’informare i convenuti della richiesta della Congregazione di Carità, aggiunge “che – sono le parole del testo della relativa deliberazione – da vario tempo circolava la voce in paese del concentramento della nostra Confraternita; crede pertanto che la pervenuta richiesta sia il principio della pratica, onde ritiene doversi la nostra Istituzione difendere da una tale ingiusta pretesa, particolarmente originata dopo che la Misericordia fu onorata dai legati Coleschi e Ligi”. Nella discussione intervenuta viene ricordato che “altra volta nel 1891 si tentò di concentrare la nostra Compagnia e che tale domanda fu respinta alla pari di come sono stati respinti in altre province i tentativi di concentramento di simili istituzioni”.

Esaurita la discussione, viene dall’assemblea stessa unanimemente deliberato di non accettare la richiesta del rilascio della documentazione, dopo che alla stessa “sarà fatto conoscere che la Confraternita di Misericordia di Anghiari si opporrà, con tutte le sue forze, al premeditato concentramento…”.

E così avviene, non senza una dura e costante contestazione da parte della Misericordia, che riesce a conservare integro il suo libero stato istituzionale.

Con l’avvento del motore si chiude l’epoca di una Misericordia di particolare carattere, che, con un meraviglioso e generoso personale umano, è sempre riuscita ad assolvere i suoi alti e pietosi fini istituzionali, neutralizzando con il suo entusiasmo le carenze dei primordiali mezzi d’impiego, perché tali sono stati rispetto a quelli che si sono succeduti poi, fino a quelli del nostro tempo.

Si opera una svolta che l’Opera Pia sostiene con ordinata volontà e chiara consapevolezza della realtà di un progresso che non si sarebbe fermato.

Con questa logica considerazione, con l’immutabile spirito dei suoi numerosi consociati, si adegua alle nuove prospettive. Gradatamente il rimbalzante carro-lettiga tirato dal domesticato, quasi casalingo cavallo, con i suoi scotimenti, l’altro carro cosiddetto “di volata”, spinto a mano e non ultime le fragile lettighe a spalla sono messi da parte, per dar posto alle ben più attrezzate bianche autoambulanze.

Più tardi è la volta della triste e tozza “bara” o “cataletto”, sostituita da due carri funebri a tiro equestre, a loro volta messi in disuso dall’entrata in servizio dell’autofunebre, quale mezzo sicuramente più efficiente perché aggiornato con i tempi.

Ma la vita della Confraternita negli anni venti e successivi, continua, come ancora oggi, all’insegna della sua grande fratellanza e sotto la vigile dirigenza dei suoi Magistrati e soprattutto dei sani principi evangelici infusi ed emanati dai suoi vecchi statuti.

Anche nelle più tormentate vicende in alterne epoche abbattutesi sulle nostre popolazioni per cause fin troppo note, la Misericordia non conosce soste, ovunque presente con l’entusiasmo di sempre.

L’Istituzione, compatibilmente alle sue limitate possibilità economiche, una volta cospicue, quanto oggi sminuite a causa delle progressive svalutazioni monetarie avvenute nel campo della nostra economia, cerca sempre di adeguarsi con mezzi e ordinamenti ad un più moderno sistema di assistenza.

Nel 1925, un comitato sorto per iniziativa della Misericordia, formato da benemeriti e rappresentativi cittadini animati da nobili sentimenti di carità, riesce, dopo un generale stimolante appello alla beneficenza cittadina, a raccogliere “un sostanziale finanziamento, tanto che può regalare alla nostra Confraternita lo splendido auto-lettiga del non indifferente valore di L. 33.000”.

L’atteso avvenimento è annunziato al paese con il seguente manifesto stampato localmente dalla florida e locale “Tipografia Tiberina” di Probo Palombini, trasfuso nel testo di legittima entusiastica atmosfera:

Questa prima autoambulanza, dopo un lungo e logorante servizio di circa 22 anni, è venduta nel corso dell’anno 1947 per il prezzo di L. 125.000, somma questa che viene investita in titoli di Rendita Pubblica, quale fondo destinato per un successivo acquisto di un simile nuovo automezzo.

Molti sono i meriti di questa prima autoambulanza, che, nella continuità del suo servizio, tanto agevola nel nostro territorio l’assistenza pubblica, percorrendo le zone più scabrose, magistralmente sostenuta dall’entusiasmo e dallo spirito caritativo dei confratelli addetti al particolare servizio, sia come autisti, che con funzioni d’infermieri e barellieri.

Purtroppo non mancano imprevedibili inconvenienti, anche se sono sempre superati, con l’uso e l’esperienza dello stesso nuovo mezzo. Se ne ricorda uno, indubbiamente il più rilevante, che, fra l’altro, crea non lievi difficoltà alla vita economica dell’Opera Pia.

L’8 settembre 1932, durante l’intervento dell’autoambulanza che si reca a trasportare un malato, avviene l’incidente: all’incrocio della strada comunale con quella provinciale l’automezzo si scontra con una vettura Fiat 509 del garage Bianchi di Arezzo. Ai lievi danni subiti dall’autoambulanza, fanno riscontro quelli ben più gravi dell’altro automezzo e le ferite – pur leggere – delle persone in esso trasportate, con responsabilità dubbia, sia da una parte che dall’altra, per cui, onde eliminare una causa civile, interviene l’accordo in via amichevole, con il quale si ritiene chiusa la vicenda, sopportando a metà i danni complessivamente ricevuti dalle parti stesse.

Così la Misericordia, a chiusura della vertenza, deve risarcire all’altra parte la somma di L. 2.600, oltre sostenere in proprio la spesa di riparazione dell’autoambulanza. Non avendo l’Istituzione sufficienti disponibilità nell’esercizio in corso per far fronte a tale onere impreveduto, è necessario dover contrarre un mutuo presso la Banca Mutua Popolare Aretina, da estinguersi in 3 anni. Arriva a proposito l’elargizione di L. 500, disposta a quel fine da S.M. VITTORIO EMANUELE 1110. RE D’ITALIA, che alleggerisce sensibilmente la Confraternita della troppo onerosa imprevedibile passività.

Al tempo di questa prima autoambulanza così è composto il MAGISTRATO dell’Opera Pia: GOVERNATORE Francesco Babbini CORRETTORE M.R. Don Ernesto Severi, Proposto di Anghiari – CANCELLIERE SEGRETARIO Livio Busatti – CONSIGLIERI: Virgilio Bartolomei, Agostino Capanni, Antonio Leonardi, Mario Marchetti, Giuseppe Polverini, Giuseppe Paci, Oreste Vitellozzi, Silvio Panichi, Domenico Romani, Donato Donatelli.

Questi i confratelli autisti che si alternano alla guida dell’automezzo: Giuseppe Cristoforo Ulivi, Lorenzo Ghignoni, Giovan Battista Vannocchi, Santino Martini, Francesco Polverini, Walter Allegretti, Del Pia Desidero, Sergio Polverini, ed altri ancora i cui nomi, dopo tanto tempo, sfuggono alla nostra memoria, ma ai quali – senza alcuna allusione retorica – va tutta la cittadina riconoscenza.

A questa segue un’autoambulanza “DODGE”, con lettino a barella e ruota di scorta, appartenente alle Forze Armate Alleate, trascritta sui registri automobilistici della Croce Rossa Italiana, ceduta dall’A.R.A.R. di Napoli al Comitato Centrale Croce Rossa Italiana in Roma. Un Comitato cittadino, istituito ad iniziativa della Confraternita di Misericordia, con la collaborazione delle associazioni e delle Sezioni locali dei partiti Comunista, Socialista, d’Azione e Democratico Cristiano, ne ottiene l’assegnazione a nome della Delegazione della Croce Rossa Italiana di Anghiari, per cui nel 1945 l’automezzo è consegnato alla Misericordia e destinato al trasporto dei malati, con l’autorizzazione del confratello dott. Giuseppe Cristini, quale Delegato Locale alla Croce Rossa Italiana, di stipulare il contratto di vendita con la stessa Confraternita, con l’impiego dei fondi recepiti a quel fine dallo stesso Comitato cittadino.

Con Deliberazione del Magistrato 10 aprile 1947, l’intera gestione dei trasporti con l’autoambulanza viene affidata al confratello Walter Allegretti, che presterà la sua assidua opera per più annualità.

Nel 1951 entra in servizio una nuova autoambulanza FIAT 1100, che nel 1964 è rivenduta ad Aldo Pacini di Anghiari, per il prezzo di L. 180.000, ormai pressoché logorata dal lungo e gravoso uso.

La sostituzione avviene nel 1963 con la nuova autoambulanza WOLKSWAGEN mod. 271, automezzo questo che nel 1978 viene poi rivenduto alla consorella Misericordia di Sestino, per il prezzo di L. 1.000.000. Nel 1973, sempre ad iniziativa di un Comitato cittadino, si provvede all’acquisto di un’autoambulanza “CITROEN D. 20”, di nuova fabbricazione, del costo di L. 3.550.000, che con l’aggiunta di alcune applicazioni ed istallazioni, raggiunge la spesa totale di circa L. 4.000.000. Nel 1977, totalmente offerta alla Misericordia dalla benemerita Cassa Rurale ed Artigiana di Anghiari, con una donazione di L. 7.000.000, entra in servizio la nuova autoambulanza FIAT 238 BS/CV/52, il cui prezzo è di L. 6.485.000, con un’adeguata attrezzatura interna comportante un’altra spesa di L. 1.042.000.

Il nuovo automezzo è inaugurato e benedetto in occasione del RADUNO PROVINCIALE DELLE MISERICORDIE e dei GRUPPI DONATORI DI SANGUE “FRATRES”, tenutosi in Anghiari l’11 settembre dello stesso anno.

Viene il momento che il servizio di trasporto delle salme al cimitero con portantina a spalla (il cosiddetto “cataletto”) accusa qualche difficoltà nella sua pratica esecuzione. Non sempre la squadra fissa di otto portamorti riesce ad uscire al completo e questo più che altro per le ridotte possibilità di tempo libero da parte dei componenti la squadra stessa, sempre più impegnati nel campo del lavoro, in quest’epoca di notevole incremento della nostra economia. Conseguenze queste che in un certo momento hanno serie ripercussioni anche nel normale espletamento delle opere di misericordia, alla cui base sta pur sempre la volenterosa prestazione personale, pressoché incondizionata, dei confratelli e delle consorelle. Tutto questo è causa di una svolta anche nell’organizzazione e nell’assolvimento dell’attività dei trasporti delle salme al cimitero.

Viene così l’idea del carro funebre, quale nuovo mezzo per un più moderno disimpegno di questo istituzionale servizio, per cui il Magistrato il 16 novembre 1928 definitivamente delibera sull’argomento nei seguenti termini: “Il servizio trasporti dei defunti dalla Parrocchia, disimpegnato a spalla da n° 9 incaricati (8 portamorti e un “crocifero”), oltre ad essere oneroso, apporta sempre nuove difficoltà. La situazione topografica del paese per le strade in continua discesa e salita rende ancora più faticoso il servizio. Pertanto sarebbe d’avviso sostituire detto sistema di servizio con l’adozione del carro funebre trainato da cavallo.

Vari sono i preventivi di costruttori di carrozze, compreso il carradore d’Anghiari Dante Franceschini, “…per la costruzione di un carro funebre di 1a classe con traino a 2 cavalli e altro di 2a classe con traino a un solo cavallo, con spesa di L. 7.000 per entrambi”.

Altre successive deliberazioni magistrali perfezionano l’argomento, fino a stabilire il termine del 19 novembre 1931 per la consegna dei due carri funebri da parte del costruttore.

Si provvede poi alla nomina di 4 “portamorti”, avvenuta per concorso interno, quale completamento del nuovo servizio.

Nella seduta Magistrale 19 novembre 1931, sono approvati, ai sensi dello Statuto, il Capitolato o Regolamento sul servizio dei carri funebri e quello più aggiornato che regola il trasporto degli ammalati con la lettiga a cavallo. Il problema così impostato e risolto non ha però la tanto attesa riuscita, soprattutto perché la mentalità degli anghiaresi, anche dopo l’innovazione del carro funebre, non riesce a discostarsi dalla consuetudine di trasportare al cimitero i propri defunti con l’antica portantina a spalla, il tradizionale “cataletto”, abituata com’è da tempo immemorabile alla mesta cerimonia.

La deliberazione presa dal Magistrato il 3 dicembre 1933 suona conferma a queste constatazioni, per cui viene stabilita una tariffa di L. 60 per coloro che intendono ancora richiedere i trasporti con la cosiddetta “bara” portata a spalla.

L’uso dei carri funebri non ha quindi mai il largo impiego che ci si attende, nonostante l’impegno posto da parte della Dirigenza dell’Opera Pia nello studio e nella pratica applicazione.

È in definitiva un’esperienza di dubbio risultato, tanto che ad un dato momento, precisamente nel settembre 1945, il Magistrato, prendendo particolare atto che “i due carri funebri rimangono pressoché inattivi, più che altro per la persistenza tradizionale dell’usanza locale di trasportare a spalla i defunti per cui non è prevedibile un più ampio impiego di questa attrezzatura”, all’unanimità delibera di “vendere con le migliori condizioni a favore della Fratellanza, uno dei detti carri e cioè quello di seconda classe”.

Questo carro è venduto circa 5 mesi dopo ad Anacleto PAPINI, anghiarese, per il prezzo di L. 15.000.

Gli anni che seguono ancora di più mostrano le non lievi difficoltà che, nonostante tutta l’esperienza acquisita nel settore, s’interpongono al buon funzionamento del servizio dei trasporti dei defunti, servizio che ancora perdura con il tradizionale “cataletto” a mezzo della squadra fissa dei portamorti non sempre con la completa disponibilità di tutti i suoi effettivi.

Ma ormai troppo spesso si verifica l’impossibilità di poter contare sulla piena efficienza ditale sistema organizzativo, anche se ridotto al minimo indispensabile di presenza dei confratelli da impegnare per il normale assolvimento dei servizi.

Inoltre i Parroci e privati da tempo chiedono che i trasporti vengano estesi anche alle varie parrocchie del Comune.

“Poiché il servizio predetto” – questo è il testuale contenuto del deliberato adottato dal Magistrato dal 7 giugno 1963 – attualmente disimpegnato dalla nostra Confraternita con portantina a spalla a mezzo di confratelli, incontra seria difficoltà di svolgimento anche nel capoluogo, il Magistrato propone l’acquisto di un’autofunebre, sia per rendere il servizio veramente tempestivo ed efficiente, sia per poter venire incontro alle varie richieste che ci pervengono .

La decisione riscuote l’unanime approvazione, così che la Misericordia può mettere in funzione la sua prima autofunebre FIAT 2100, in perfetto uso, già di proprietà della consorella Misericordia di Stia. L’automezzo, non più efficiente tanto da poter garantire la regolarità del servizio, superato anche dalla sua vetustà, è sostituito con altro FIAT 123, usato, ma in ottime condizioni, acquistato a Bologna nell’anno 1979, per il prezzo di L. 6.000.000.

L’attenzione dell’Associazione è sempre più rivolta, oltre all’espletamento dei servizi, a porre in risalto l’attività caritativa degli associati e a ricercare nuovi iscritti, che assicurino l’indispensabile ricambio alla continuità della vita della Misericordia.

A questo scopo vengono realizzate una serie di iniziative. L’il maggio 1922 il Magistrato, per encomiare e premiare sia gli “zelanti” che i “diligenti” oltre il 56° anno di età, stabilisce di “…effettuare il 18 giugno p.v., una manifestazione, ponendo al centro di essa la consegna ai festeggiati di diplomi con medaglie d’argento e di bronzo, oltre un manifestino personale per tutti indistintamente i confratelli e le consorelle”. Oratore ufficiale è il M.R. Don Giuseppe CONTI, Correttore dell’Istituzione e Proposto di Anghiari. La manifestazione termina con un modesto, quanto significativo “rinfresco di saluto” a tutti i partecipanti.

Nel 1928, allo scopo di stringere sempre più i legami affettivi di affratellamento tra gli iscritti, è organizzata una gita sociale al Convento di Montecasale, tappa dell’itinerario francescano in questa zona.

In seguito altre iniziative simili vengono effettuate per lo stesso fine sociale, con mete altrettanto significative, come quelle che vengono effettuate nel 1932 e nel 1933, quest’ultima al Santuario della Madonna del Montenero.

Nell’anno 1933, nell’adunanza generale del 17 dicembre, è approvato, su proposta dello stesso Governatore Livio BUSATTI, un provvedimento tendente ad agevolare maggiormente l’iscrizione alla Confraternita dell’elemento giovanile. In attuazione di ciò, i giovani, dagli anni 17 ai 21 anni di età, prendono il nome di confratelli “aspiranti”; le loro domande di associazione vengono sottoposte al voto deliberativo dello stesso Magistrato.

I nuovi iscritti sono esentati dalla tassa annuale di associazione. Al raggiungimento del 210 anno di età possono presentare la regolare richiesta di associazione a confratello e consorella “effettivi”. Durante il periodo di “aspiranti”, alla pari degli altri consociati, hanno diritto ai diversi benefici che comunque spettano agli iscritti “diligenti” e “zelanti”. Ottenuta l’iscrizione come “attivi” , restano sempre a loro vantaggio i punti di merito acquisiti durante il periodo di “aspiranti”.

Anche gli incontri fra le varie Misericordie, sia a livello locale che nazionale, vedono la presenza dell’Associazione anghiarese.

Il 4 novembre 1951 la Confraternita con i suoi automezzi e con squadre ciclistiche dei suoi confratelli, organizzate per la circostanza, partecipa al Convegno Altotiberino delle Misericordie tenutosi a S. Sepolcro; così è presente alla manifestazione ugualmente tenuta in Sansepolcro nel successivo 1955.

Il XV Convegno Nazionale delle Misericordie e Gruppi Donatori di Sangue “Fratres” tenutosi a Genova nell’ottobre 1965, vede la partecipazione di una rappresentanza della Confraternita, bene in vista nella manifestazione con il suo artistico labaro con l’immagine della MADONNA DELLA MISERICORDIA, mirabilmente ricamata dalla benemerita consorella TERESINA BARTOLOMEI da Campalla.

L’8 ottobre 1967 la Fratellanza partecipa al XVII Convegno Nazionale delle Misericordie d’Italia tenuto presso il Santuario della MADONNA del MONTENERO.