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Riorganizzazione e Statuti

Il testo è liberamente tratto dal volume del 1987 “La Misericordia di Anghiari – Una lunga vita per gli altri” di Loris Babbini e Alberto Benedetti.

Passata l’epidemia di tifo del 1817 e chiuso il lazzaretto, la Compagnia del SS. Crocifisso, già detta di Misericordia, accorre sempre con la sua lettiga a spalla nel trasporto dei malati gravi in tutto il Comune. Effettua anche il trasporto da Anghiari verso l’ospedale di Sansepolcro, fino al limite del confine comunale; qui il malato viene preso in consegna dalla Misericordia di Sansepolcro sulla base di convenzioni intercorse tra le due associazioni che stabiliscono per tutti i servizi il raggio d’azione delle “brigate”. L’invasione delle rispettive giurisdizioni porta a clamorosi contrasti con l’intervento anche della superiore autorità vescovile. I malati della campagna anghiarese si devono talvolta trattenere per qualche giorno nelle stanze della stessa Compagnia, disposte a questo scopo nella sua residenza di Badia, ove vengono serviti e assistiti dai confratelli, mantenuti con questue speciali, usando la stessa lettiga quale letto provvisorio. Per ogni malato povero, spontaneamente o a richiesta della famiglia, viene eseguita una questua, il cui ricavato è poi versato nelle mani dei richiedenti.

Nell’anno 1855, in previsione del propagarsi del colera o “morbo asiatico” anche nel territorio di Anghiari, il Gonfaloniere si rivolge al Governatore della Misericordia per conoscere se la medesima intende assumersi l’incarico di trasportare i colerosi al “lazzaretto” che la Comunità si propone di aprire. I Confratelli, unanimemente e con entusiasmo, si dichiarano pronti a rispondere all’appello del Gonfaloniere ed a questo proposito è anche stabilito un servizio di turno secondo il quale deve avvenire il trasporto dei malati. Fortunatamente la malattia, comparsa in agosto, non si sviluppa nel paese con vero carattere di contagio: attacca solo alcuni individui, i quali sono tutti curati presso le famiglie, dove alcuni confratelli si prestano a fare loro le “fregagioni” (strofinamento fatto con il palmo della mano o con flanella o altro, sopra le parti malate) e i cosiddetti “suppumigi” (operazioni per accelerare le suppurazioni del “pus” degli ascessi e delle piaghe). La Compagnia effettua il trasporto dei cadaveri.

Nessun panico si verifica in Anghiari anche se nell’epidemia sviluppatasi periscono oltre cinquanta persone nello spazio di circa due mesi. Il Governatore ing. David Arrighi, durante l’anno della sua presidenza (1855), allo scopo di migliorare i servizi di trasporto infermi al l’ospedale di Sansepolcro, chiede tanto al Magistrato del Comune, quanto a quello della Fraternita di S. Maria del Borghetto di prendere in considerazione la possibilità di sostituire, per i trasporti diretti fuori comune, la lettiga a spalla con una lettiga a ruote.

Il servizio disimpegnato dalla Misericordia non è previsto dal suo Statuto, ma viene svolto per atto di “carità fraterna”. D’altronde il Comune e la Fraternita del Borghetto, tenuti ad adempiere a questo pubblico servizio, si trovano costretti a servirsi per il suo disimpegno delle scarse vetture a cavalli del paese, prive dei necessari comodi e del tutto inadeguate a questo scopo. Si nota in questa proposta una maggiore dinamicità organizzativa della Misericordia, che finisce per assumersi un nuovo compito, che tradizionalmente non le spetta, e un servizio pubblico, delegatole ufficialmente dalla Fraternita e dal Comune. Infatti di fronte alla deliberazione della Compagnia, che fa presente la disponibilità ad organizzare il trasporto dei malati all’ospedale di Sansepolcro, la Fraternita di S. Maria del Borghetto, sollecitata dal Governatore Pietro Testi, succeduto all’Arrighi, risponde accettando di partecipare alla spesa della nuova lettiga a ruote e di fissare un compenso per ogni malato da trasportare. Tutta la gestione del servizio resta compito della Misericordia, che inizia così a sviluppare la propria attività in un settore che diventerà ben presto tipico. Inoltre la corresponsione di un compenso è il segno del superamento di un impegno esclusivamente caritativo e della sua evoluzione in un servizio di pubblica assistenza.

Accanto a questa nuova organizzazione logistica, il progresso tecnico è rappresentato dall’acquisto della lettiga a ruote, fatta costruire a Castiglion Fiorentino, sul modello di quella operante in quel paese. La specializzazione del mezzo è forse la ragione che ne sconsiglia la costruzione in Anghiari, che pure vanta un artigianato ben qualificato nella lavorazione del legno, specialmente nel settore dei cariaggi. Ma non è per merito del Comune e della Fraternita di S. Maria del Borghetto che viene realizzata la nuova lettiga, nonostante il concorde impegno da essi assunto pubblicamente. La lettiga viene offerta alla Misericordia dal confratello Giuseppe Tavanti, come è documentato dalla targhetta smaltata ancora oggi bene in vista nel retro del carro con la seguente scritta: “G. TAVANTI DONO’ LUGLIO 1861 – RESTAURATA AG. 1908”. Il restauro, quasi mezzo secolo dopo la donazione, è opera del carrozziere Chiarini di Arezzo.

Sempre su iniziativa del governatore Testi, uno dei più ricordati per zelo, per organizzare il servizio dei malati in modo migliore, riducendo i tempi di riunione dei confratelli, si pensa di porre una nuova campana, quella così detta del Tribunale, sul campanile della chiesa di S. Agostino, più centrale rispetto alla Badia. Il 23 luglio 1857 si fa domanda al Comune. L’istanza viene accolta e la campana del l’antico Tribunale d’Anghiari è posta (ove tuttora si trova) nel Campanile della chiesa di S. Agostino. Solo l’avvento del motore nel nostro secolo ha messo a tacere il suo scampanio, incalzante appello per i più vecchi Fratelli della Misericordia, ad accorrere di “volata”, in qualsiasi momento del giorno e della notte, partendo in brigata per compiere il servizio con la lettiga, a volte a spalla, a volte con le ruote.

Nell’adunanza generale del 24 agosto 1855 viene approvato il regolamento delle opere di Carità, fino ad ora esercitate per il buon volere dei Confratelli e che comprendono, fra l’altro, il trasporto dei cadaveri, quello degli infermi all’ospedale e l’assistenza ai malati, nonché la questua settimanale di pane e denaro a beneficio dei poveri. Inoltre l’affiliazione, decisa il 24 agosto 1856, alla venerabile Arciconfraternita di Misericordia di Firenze accresce il prestigio della Misericordia anghiarese e, si può dire, la obbliga a conformarsi alla Misericordia madre sia nell’organizzazione, sia in un sostanziale aggiornamento dei mezzi. I nuovi compiti e la nuova dignità è divenuta infatti “CONFRATERNITA della MISERICORDIA” spingono la Compagnia a chiedere al Granduca di Toscana l’autorizzazione a poter disporre di eventuali lasciti e donazioni per far fronte alle necessità finanziarie di un reale ed efficace soccorso agli infermi.

La nascita della moderna Compagnia porta la data del 5 maggio 1863, quando, con decreto reale, viene riconosciuta “Ente morale” col titolo di “Confraternita della Misericordia” sotto l’invocazione dello Spirito Santo e del SS. Crocifisso, e vengono approvati gli Statuti e il Regolamento Disciplinare. I servizi previsti dai vecchi Capitoli del 1817 sono notevolmente ampliati ed investono in modo completo il campo dell’assistenza.

Se fino a questo momento l’aspetto prevalente del servizio, almeno sul piano normativo, è quello religioso in occasione delle funzioni parrocchiali, integrato dal trasporto dei defunti e dell’assistenza domiciliare ai confratelli ammalati, diventano ora fondamentali il trasporto e l’assistenza, anche economica, di tutti i malati, in particolare poveri, insieme ai tradizionali servizi religiosi e funebri. Questa attività viene svolta non solo in modo ordinario nel corso dell’anno, ma anche nei casi straordinari di contagi, incendi e rovine e si presenta come l’unico intervento organizzato nei momenti di calamità naturali.

La Confraternita di Misericordia è quindi nella seconda metà dell’800 il solo gruppo in grado di svolgere interventi di protezione civile e di pubblica assistenza data la mancanza di strutture statali preposte a questo scopo. Cerchiamo di esaminare quali sono le innovazioni più importanti presenti nei nuovi Statuti, assai più analitici e minuziosi nella determinazione dei vari compiti e delle modalità di esecuzione.

Della prima, cioè l’ampliamento dei compiti, abbiamo già parlato. Questo fatto comporta anche delle novità strutturali e organizzative. Si assiste innanzi tutto ad una maggiore democratizzazione della gestione della Confraternita, dovuta sia all’aumento degli spazi operativi, sia ai mezzi e alle risorse che devono essere impiegati. La figura centrale e “onnipotente” del governatore viene integrata e sostituita, a livello decisionale, da un Magistrato, di cui il governatore è componente importante, ma affiancato dal correttore, dal cancelliere e da dieci consiglieri, che costituiscono il governo dell’associazione. Tutte le decisioni sono emanazione di questo organo preso nel suo insieme.

Compaiono figure nuove all’interno dell’ente. Il conservatore o in tendente al guardaroba presiede alla conservazione di tutto ciò che è di proprietà della Confraternita: dalla biancheria per le lettighe, per la muta dei letti, per le bare, per la sacrestia agli stabili, mobili e attrezzi, al materiale sanitario necessario per il soccorso dei malati; controlla la puntuale celebrazione delle feste e degli uffizi, il buon andamento dei diversi servizi. I capi guardia sono incaricati della direzione delle “brigate” durante i servizi, mantenendo l’ordine e la disciplina. In questo incarico hanno piena ed assoluta autorità, perfino nei confronti dei componenti il Magistrato. Dal momento in cui assumono il comando della “brigata”, accorsa al suono della campana presso la sede della Confraternita, diventano i responsabili del buon ordine, della celerità, della correttezza dell’impiego dei confratelli, che sono ai loro ordini. Sono il segno della serietà e dell’efficienza dell’associazione.

Compare anche il personale “specializzato”. Gli infermieri erano già presenti nei Capitoli del 1817, ma uniscono adesso al conforto spirituale anche quello materiale dei malati, soddisfacendo alle molteplici necessità specialmente dei più poveri. Una delle più importanti consiste nel cambio della biancheria: in quest’opera vengono aiutati da persone a ciò espressamente nominate, dette “mutanti”. Il compito è estremamente delicato, al pari di quello dei “nottanti”, che prestano assistenza ai malati durante le ore della notte. Ma la novità assoluta è la presenza fra i confratelli dei medici e del farmacista, che offrono la loro opera gratuitamente a beneficio dei malati. Si presenta, sulla base degli Statuti un quadro organico di presenza e di intervento nel campo della pubblica assistenza e beneficenza.

E’ sulla base di questo assetto organizzativo che la Confraternita ha nella seconda metà dell’800 l’opportunità di svilupparsi, di intraprendere servizi sempre più complessi, di ottenere il riconoscimento morale e materiale degli abitanti della terra di Anghiari, che in numero cospicuo ad essa si iscrivono.

Nel 1869 il Sindaco di Anghiari, cav. Orazio Nenci, dopo essersi rivolto alla locale Fraternita di S. Maria del Borghetto “onde trovare la possibilità di erigere un ospedale, problema questo tante volte auspicato e pubblicamente dibattuto e non avendo ottenuto con detta Opera Pia, (pur tanto benemerita per il suo lungo passato di sostanziale attività a favore degli anghiaresi indigenti) una concreta conclusione in merito”, finisce per rivolgere analoga richiesta alla Confraternita di Misericordia che con fede ed entusiasmo accetta l’incarico.

È subito dato inizio alla necessaria organizzazione con il rivolgere un pubblico appello ai cittadini, informandoli dell’iniziativa, richiedendo loro sostegno e collaborazione. Vengono organizzate questue, tombole e sottoscrizioni; in poco tempo è possibile predisporre un locale munito di dieci letti e utensili indispensabili: il 1° luglio 1870, sotto il titolo di “OSPEDALE DELLA MISERICORDIA, a riconoscimento e perenne ricordo della Confraternita omonima, perché essa maggiormente ne ha curato la realizzazione, ha inizio il ricovero dei primi malati.

Non mancano i validi sussidi della Comunità, come quelli della Fraternita di S. Maria del Borghetto, ed una solida riserva economica derivata da una rimanenza attiva dei fondi raccolti per la stessa fondazione.

Successivamente la Misericordia provvede alla richiesta del decreto governativo per l’approvazione e la costituzione in ENTE MORALE del nuovo ospedale e presenta alla Commissione Amministrativa dello stesso sodalizio il progetto di statuto preventivamente approvato dal Magistrato e dall’Assemblea dei confratelli. Per i primi cinque anni la Confraternita direttamente provvede all’amministrazione del nuovo Ente, inserendone la gestione nei propri esercizi finanziari. Per predisposizione delle norme ospedaliere statutarie di base, e ciò fino all’esercizio 1970, fa parte di diritto del Consiglio Direttivo dell’Ospedale, sempre con la fattiva presenza di due suoi Confratelli, tanto benefica che, per molti anni e quasi ininterrottamente, essi ricoprono la carica di PRESIDENTE del sodalizio.

Ecco l’esercizio ospedaliero del primo anno di vita.

Nel 1871 è pagata la prima rata di concorso al mantenimento dell’Ente. In compenso l’Ospedale si trova con una residuo disponibile nella sua gestione maggiore di L. 2.000 e questo per un legato di L. 10.000 ed un altro di L. 5.000 a favore della stessa Misericordia, in forza del testamento olografo disposto dal dott. Federigo Testi.

L’Ospedale rimane nella sede originaria, l’ex residenza municipale della Piazzola, dirimpetto al Palazzo del Vicario o Pretorio, trentanove anni.

Il 5 settembre 1909, esaurita una lunga diatriba di opinioni contrarie e favorevoli, creatasi nel paese a tutti i livelli, dirigenziali e non, viene finalmente trasferito nel riadattato ex Convento dei Minori Osservanti di S. Francesco, il Convento della Croce, sul cui frontone di facciata è posta – a grandi lettere – la scritta “OSPEDALE”.

Ma proprio a proposito di questa scritta non sono d’accordo in molti ad Anghiari, in particolar modo non lo sono i confratelli della Misericordia, i quali, riuniti in assemblea il 24 ottobre, chiedono al Governatore di esporre rimostranze presso l’Amministrazione ospedaliera per cambiamento abusivo, secondo il loro convincimento, della formale intitolazione dello stesso Ospedale, così come è stata posta al suo esterno, con la sola dicitura “OSPEDALE”, anziché quella di “OSPEDALE DELLA MISERICORDIA”, suo vero motivato titolo, con il quale l’Ente era stato istituito. I Confratelli inoltre si appellano al Governatore affinché inoltri una richiesta di chiarimenti anche in merito al servizio degli Ispettori e delle Ispettrici presso l’ospedale, – cioè i confratelli e le consorelle a ciò periodicamente nominati dalla Confraternita, in osservanza alle prescrizioni degli Statuti, perché fino a quel giorno non è stata loro consegnata la chiave della porta esterna della nuova sede ospedaliera, come regolarmente veniva fatto nel vecchio edificio della “Piazzola”.

Rispondono il presidente dell’Ospedale e il Sindaco, in modo esauriente e soddisfacente; infatti il 31 ottobre dell’anno successivo la Misericordia aumenta il sussidio per il mantenimento dell’Ospedale, mentre sottolinea ancora la condizione del mantenimento dell’intitolazione scelta al momento della fondazione.

Dopo l’oratorio della Madonna del Terrato e i locali della Badia, nel 1863 la Confraternita ha come residenza “la fabbrica di sua proprietà posta nella piazzetta della Badia con oratorio la chiesa abbaziale di 8. Bartolomeo Apostolo”.

Però ancora nel 1857 l’istituzione non dispone di quest’ultima fabbrica quale sua sede sociale: tiene sempre in affitto a questo scopo le stanze annesse alla Badia; ma, disdetta la locazione, la Compagnia rischia di rimanere senza sede.

È in questo periodo che la Misericordia diventa proprietaria dell’intero edificio posto tra via Francesco Nenci e piazza della Badia attraverso due fasi, indipendenti l’una dall’altra: la prima riguarda il “salone delle assemblee”, la seconda il rimanente edificio contiguo che si sviluppa su pian terreno, primo e secondo piano.

Il “salone”, di proprietà di Giuseppe Canicchi di Anghiari, dopo la prescritta autorizzazione governativa, viene acquistato da Giovanni Jacopo Tuti e Camillo Testi per essere tenuto a disposizione della Compagnia, che, reperiti i fondi necessari, diventa la legittima proprietaria il 21 ottobre 1865.

Il rimanente edificio perviene alla Misericordia con la donazione di Domenico Giorni nel 1863. Sull’edificio grava un’ipoteca di 27 lire all’anno a favore del comune di Anghiari; la Confraternita si assume, con la donazione, anche questo censo. Il 17 marzo 1871 propone di cedere al Comune una cartella del Debito Pubblico con una rendita annua appunto di 27 lire. La cartella viene trasferita al Comune, che accetta la rendita (28 luglio 1874) e dispone che venga radiata l’ipoteca sull’immobile.

Una condizione inserita nella donazione prevede che un quartiere dell’edificio debba essere adibito ad abitazione del servo-custode. Sono necessari lavori di restauro e di ampliamento sia per l’abitazione sia per adibire parte dei locali ad infermeria provvisoria. Chieste ed ottenute le autorizzazioni vengono eseguiti i lavori. Ai piani superiori viene creata l’abitazione del servo custode, al piano terra Si trovano la stanza delle adunanze del Magistrato, l’infermeria e l’archivio. Sono costruiti una nuova scala per salire al piano superiore e i servizi igienici, rifatte le soffitte e il tetto, dove viene demolita una loggetta.

A più riprese, in seguito, lavori di manutenzione straordinaria interessano l’edificio e il salone.

Nel 1879 crolla un pavimento nelle stanze della residenza; viene ricostruito l’anno successivo e pagato con i fondi raccolti durante la fiera di beneficenza del 1881.

Nel 1897 viene spostata e ricostruita la muraglia nord del fabbricato, precisamente nella parte anteriore della sala delle assemblee.

Nel 1902, con perizia dell’ing. Telesforo Brizzi, si interviene nel salone: si smonta il tetto, si alzano i muri, si costruisce il solaio, essendo l’ampio vano a tetto, si rifà il pavimento, si sistema lo scalino del presbiterio, si riquadrano e si rimbiancano le pareti, si ampliano le due finestre.

Il terremoto del 27 aprile 1917 danneggia sensibilmente la residenza della Confraternita. E necessario contrarre un mutuo di 1.200 lire con la locale Cassa Rurale per poter far fronte ai lavori di rinforzo e di consolidamento dell’edificio.